Nel cuore della Savoia Orientale (spesso erroneamente definita “Piemonte” dal popolo minuto) troviamo questo ristorante, rifugio ideale di chi, come noi, ha ancora il gusto di vivere secondo le antiche e sane regole della monarchia per diritto divino e non si è mai lasciato affascinare dalle insane lusinghe di quella moda deplorevole che i beceri chiamano, pare, “democrazia”. Il ristorante prende il nome da Amedeo VI di Savoia (*1334 +1383), figlio di Aimone il Pacifico e Jolanda la Rompigiberne e marito della principessa Bona di Borbone, detta “La Strafiga”. Noto buongustaio e crapulone, come tutti i Savoia, il Conte deve il suo soprannome al curioso colorito che assunse, nel 1354, durante un banchetto alla corte di Francia, subito dopo aver ingerito inavvertitamente un’ostrica marcia.

Nel locale vige, ovviamente, il “plurale majestatis” il che, tra l’altro, permette di identificare immediatamente i parvenù e i repubblicani imboscati, poiché sono gli unici che alla domanda: “Cosa prendono?”, essendo al tavolo da soli, rispondono: “Chi?”. In questi casi un inserviente con la marsina rossa e il tradizionale cappuccio da boia, li accompagna nelle cantine e spiega loro gli usi del locale, aiutandosi a volte, con due o tre graziosi tratti di corda.
I piatti sono di una raffinatezza mai vista. Noi (cioè io NdA), essendoci recati colà solo per una leggera colazione, ci siamo (a fatica, poiché il menu è vastissimo) limitati a una Salade Riche a la mode de la Comté de Nice. L’insalata è una sapiente miscela dei più raffinati prodotti delle ricche terre del Regno di Sardegna. Il Sarset del Feudo delle Langhe la fa da padrone, ben coadiuvato però dagli altri ingredienti, che variano a seconda delle stagioni e della disponibilità del Lidl vicino al ristorante. Noi abbiamo trovato nel piatto la famosa Patata bollita del Monferrato, i gustosi pomodorini di Sardegna al verderame, dal tipico colore verde-bluastro e la rinomata e ormai quasi introvabile Musarella ad bufala della Marca di Saluzzo. Il tutto era insaporito naturalmente dai Filetti di Anciùa (acciuga) della Contea di Nizza che danno – appunto – il nome alla Salade. Troneggiava, al centro, un Oeuf Bouilli delle gallinelle ruspanti dei dintorni di Bra. Abbiamo apprezzato il tocco creativo dello chef che ha aggiunto, inopinatamente, dei fagiolini bolliti che conferivano quel che di acquoso, che ha reso il tutto molto particolare. I fagiolini bolliti paiono essere un topos del locale, poiché figuravano anche, tra i contorni, in un menu del giorno prima, che abbiamo avuto accidentalmente occasione di consultare.Unica pecca di questo splendido locale, il conto. Per pagare il pranzo abbiamo dovuto cedere a S.A.S. Armando IV, i diritti di teloneo su Corso Vittorio e un feudo minore nel Roero, che apparteneva alla nostra famiglia da nove secoli!
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